Progetti di prevenzione primaria dell’abuso sessuale di natura educativa possono essere predisposti ed indirizzati a due diversi tipi di popolazione: a) ai genitori e agli adulti in genere, che possono essere aiutati e sostenuti nel proprio compito di accompagnamento educativo nei confronti dei minori, così da insegnare loro le strategie di autodeterminazione e autodifesa; b) ai bambini stessi affinché direttamente apprendano all’interno di un setting educativo, com’è la scuola, le tecniche di autodifesa e autodeterminazione nei confronti delle situazioni a rischio. L’intervento più efficace consisterebbe in una sistematica ed intensiva educazione degli adulti, e dei genitori in particolare, affinché la prevenzione dell’abuso sessuale possa essere realtà concreta per ogni bambino, che ne riceve i principi e i valori all’interno della propria famiglia. Questo intervento andrebbe, poi, completato da un’azione sistematica della scuola che nell’accompagnare il percorso di crescita di ogni bambino, dovrebbe fornirgli anche le conoscenze e le competenze necessarie per prevenire l’abuso sessuale in un’azione sinergica con quella della famiglia. Negli Stati Uniti, già nel 1991 il SIECUS (Sex Information and Education Council of the United States) aveva ribadito la necessità di inserire all’interno di ogni intervento di educazione sessuale destinato a chi sta crescendo informazioni “età-specifiche” relative all’abuso sessuale, ad interazioni corporee non appropriate con minori e all’incesto. In effetti, negli Stati Uniti sono ampiamente diffusi da più di trent’anni (e dagli Stati Uniti tali programmi sono stati poi trasferiti ed adattati in moltissime altre nazioni di tutto il mondo), curricola didattici in cui vengono insegnati ai minori, con criteri che rispettano il loro stadio di crescita e sviluppo, principi di sicurezza e protezione personale (self-safety e self-protection). Tutti i percorsi educativi realizzati in questo ambito preventivo tendono ad insegnare ai bambini che è possibile dire no agli adulti in alcune circostanze. Inoltre vengono anche offerte indicazioni rispetto a cosa fare in caso di vittimizzazione o abuso, nella speranza che ciò li renda capaci sia di sottrarsi ad un evento abusante sia di denunciare un abuso subito da adulti di cui ci si fida. Parallelamente ai curricola scolastici destinati ai bambini esistono, anche, curricola destinati ai genitori. Tra questi ultimi quelli maggiormente efficaci sono sempre caratterizzati da un approccio sistematico e globale al tema della prevenzione dell’abuso sessuale. Durante sessioni informative destinate ai genitori, è necessario spiegare che i bambini devono apprendere che i membri della famiglia ascolteranno le loro preoccupazioni e le loro ansie sui comportamenti “molesti” senza disapprovarli, sgridarli o farli sentire in colpa. È anche importante che i genitori scoraggino un clima di “segretezza” all’interno della famiglia e che supportino i bambini quando si rifiutano di venire coinvolti in interazioni di tipo fisico con persone che non conoscono. Le scuole dovrebbero utilizzare ogni strumento possibile per massimizzare il coinvolgimento delle famiglie. Questo è particolarmente importante quando tali progetti sono soprattutto destinati a soggetti che vivono in condizioni di forte svantaggio socioculturale. Alla luce di tutti gli elementi teorico-pratici appena riferiti e constatata l’ampia diffusione di questi programmi all’estero e la totale assenza di esperienze simili organizzate in modo sistematico nella nostra nazione, dal 1998 il Dipartimento di Sanità pubblica dell’Università degli Studi di Milano ha cominciato a collaborare con agenzie del territorio al fine di diffondere nelle scuole elementari un intervento preventivo basato su un modello educativo adatto alla popolazione degli studenti del secondo ciclo della scuola elementare. Tali interventi sono già stati promossi e realizzati nella città di Milano, in Provincia di Vercelli, in Provincia di Varese e in tutto il Canton Ticino. A tutt’oggi, migliaia di bambini e relative famiglie hanno partecipato a questo progetto di prevenzione, che si intitola “Le parole non dette”, si articola in cinque incontri, ciascuno dei quali prevede alcuni sotto-obiettivi che ciascun bambino dovrebbe conseguire in funzione delle attività che gli vengono proposte. “Le parole non dette” rappresenta a tutt’oggi la più intensa e sistematica azione di prevenzione primaria dell’abuso sessuale realizzata in Italia. Considerata la facilità con cui tale intervento può essere replicato e l’enorme interesse che ha prodotto sia nei bambini che negli adulti, è auspicabile che tale metodologia di intervento possa crescere ed estendersi in altri luoghi. Una collettività in cui si impara a parlare con trasparenza, competenza e continuità di pedofilia, non per allarmare ma per spiegare e prevenire, è una comunità in cui abusanti e pedofili hanno minori possibilità di agire e soprattutto in cui i bambini hanno maggiori possibilità di tutela, promozione ed espressione. La forza della pedofilia risiede nell’omertà e nel silenzio in cui gli adulti, sempre per paura, a volte per ignoranza, la relegano, condizione che spesso e purtroppo, la rende invincibile. Imparare a dire le parole non dette: perché ciò avvenga anche sempre più di frequente c’è bisogno dello sforzo di tutti, scuola e famiglia in primo luogo. |